Saturday, March 31, 2012

senzastagioni


A Roma, quando non riesco a regolarmi sulla temperatura, guardo fuori dalla finestra. Se vedo:
  • Signora in pelliccia + bambino con sciarpa e cappello di lana + uomo in loden = fa molto freddo
  • Ragazza in minigonna altezza mutanda + bambina con infradito + vecchietta con vestito a fiori = fa molto caldo
  • Giovane donna in tailleur + businessman in maniche di camicia e cravatta + bambino con cappotto pesante aperto sul collo e madre al seguito che urla, "Non provare a togliertelo o t'ammazzo!" = temperatura variabile.

Qui a Los Angeles, dove per una specie di psicosi collettiva siamo tutti convinti che non esistano le stagioni, guardando fuori oggi ho visto:
  • Teen-ager in hot pants + Ugg al ginocchio + sciarpa di lana = ?
  • Ventenne muscoloso in jeans + ciabatte + maglietta strappata + gilet di pelliccia + cappello di lana = ??
  • Bambina in costume da bagno a fiori + gonna di velluto + piumino da sci + stivali da cow-boy = ???
  • Bambino in Croc + impermeabile + calzoni con buco al ginocchio + madre dietro che urla, "Ti supplico, almeno mettiti i calzini!" = agh.
(L'ultimo dell'elenco e' mio figlio. Poi dite che non mi sono integrata.)


Monday, March 26, 2012

senzamilza


Porto mio figlio dal pediatra perche' ha mal di pancia.
Dico: "Guardi, poi si lamenta qualche volta che quando corre gli viene un dolore qui, ma forse e' mal di milza."
Sopracciglio alzato: "Mal di cosa, signora?"
"Mal di milza...?"
"E che cosa sarebbe?"
"Scusi, dottore, quel dolore che viene a tutti i bambini quando corrono...?"
(tono sprezzante e sorrisetto ironico) "Quali bambini, signora? Non esistono bambini che quando corrono poi hanno mal di pancia."
"Ma... come? ... io... da piccola... sempre... quando correvo... mal di milza."
(a questo punto disgustato) "Mah. Avra' avuto qualche malattia. La milza, impossibile. Avrebbe dovuto avere una milza lacerata per sentire dolore, una patologia grave. Signora, mi sa che si tratta di una leggenda ... ah-ehm ... una leggenda popolare."

Tanto lo so che stava per dire "leggenda italiana" e ha trovato la pezza a colori all'ultimo momento. Non dico piu' niente. Sono offesa a morte. Ma che cosa crede, questo? Che in Italia siamo nel Terzo Mondo? Perche', lui puo' alzare tutti i sopraccigli che vuole, ma a me il mal di milza e' SEMPRE venuto da piccola, e anche a TUTTI i miei amichetti. Tie'.

Poi, dopo che mi sono calmata, rifletto sul fatto che qui sembrano non esistere molti altri malanni noti a qualunque madre italiana che si rispetti (oltre al pericolo sempre incombente che il suo bambino muoia di fame). Eccone un elenco:
  • il colpo d'aria: vostro figlio si e' preso la febbre perche' e' rimasto senza maglietta di lana in mezzo alla corrente? Medico americano: "Non e' possibile. L'aria non provoca nulla di nocivo. E questa maglietta di lana, che cos'e'?"
  • la congestione, cioe' la morte fulminante se fai il bagno senza aver aspettato tre ore dopo mangiato (scontate a due per la colazione). "La congestione? Mai sentita. Il bambino puo' fare il bagno quando vuole." (Mio figlio poi ha vomitato in piscina, una figura tremenda, ma vallo a dire al luminare)
  • il mal di fegato: "Boh. Mai sentito."
  • il raffreddore causato dal freddo: "Il raffreddore, signora mia, e' un virus, quindi non si capisce come possa essere provocato dal freddo." "E allora, dottore, perche' si chiama rafFREDDOre e cold?" "Mah, signora, proprio non saprei. Non faccio l'etimologo." Io (in leggera iperventilazione): "Quindi, scusi, eh dottore, mi sta dicendo che se vado nuda in mezzo alla neve per due ore, non mi raffreddo? Manco un po' di goccia al naso?" Generalmente a questo punto il medico in questione nemmeno mi risponde, alza gli occhi al cielo, suote la testa e continua a scrivere.
  • il torcicollo causato dall'aria condizionata. "Impossibile. Il torcicollo e' un trauma, e le ho gia' detto che l'aria non ha conseguenze nocive. E' aria."
Non c'e' che una conclusione da trarre: forse l'acqua del Nuovo Mondo ha provocato una mutazione genetica, debellando per sempre il mal di milza, la congestione e il raffreddore causato dal freddo. O forse, ed e' possibile pure questo, la mia infanzia io me la sono immaginata tutta.

Sunday, March 25, 2012

senzaelicottero


Tre di notte. Rombo assordante e improvvisa luce accecante dalle finestre della camera da letto. Come in un film di Harrison Ford, c'e' un elicottero davanti casa mia. Gira intorno, vicinissimo, una volta, due volte, tre volte. A ogni giro, la camera si illumina come se fosse mattina. Faccio a Gabriel: "C'e' un elicottero sopra di noi." Lui, senza nemmeno girarsi: "Si'? Dormi." "No veramente, guarda." Alza il capino, da' una veloce occhiata, si rimette giu'. "Ah, si', e' vero. Va be', dormi." "Ma che staranno facendo, scusa?" "Boh. Che ne so. Fai una cosa, senti. Scrivilo su Twitter, cosi' diventi famosa come il vicino di Osama ad Abbottabad. Sai che pubblico per il tuo blog." Simpatico. Bello spirito di patata. Controllo da sola. Se aspetto te.

Mi avvicino alla finestra in punta di piedi e faccio per aprire le tende proprio quando il rombo si avvicina minacciosamente. Mentre con mano tremante scosto la stoffa, sono sicura che vedro' un gigantesco elicottero e una fila di uomini in mimetica che saltano giu' di corsa verso di me, col mitra di traverso, mentre il loro comandante Tommy Lee Jones urla, "Go, go, go!" e indica un uomo sul tetto di casa mia, proprio sopra al mio bagno, sicuramente un terrorista. Da un momento all'altro, partira' sicuramente la sparatoria e io dovro' scaraventarmi a terra e poi sgattaiolare nella stanza dei miei figli per salvarli dai proiettili vaganti. Memore del video sui pistoleri dei campus (vedi post "senzapistola" http://senzabidet.blogspot.com/2012/02/senzapistola.html), faccio mentalmente un piano di fuga: meglio la porta principale, dalla cucina la banda di gangster potrebbe intrappolarmi. Finalmente apro e vedo, vicinissimo ma ancora in cielo, un elicottero della polizia proprio sopra il mio giardino, con un riflettore che illumina tutto a giorno (to', ecco dov'erano finite le Croc di Ale), poi fa un mezzo giro sulla mia faccia (per un momento penso di fare un cenno di saluto, cosi', per educazione), poi punta il giardino dei vicini, poi gli alberi in lontananza, poi di nuovo casa mia.

"Senti, vai a fare la pipi' e vieni a letto, dai," fa Gabriel come se fossi io, e non l'astronave di fuori, a tenerlo sveglio. Comunque obbedisco, vado in bagno e, seduta sulla tazza, mi rendo conto che il faro mi riprende in pieno, con la faccia da pesce lesso e la bocca aperta che guardo verso il cielo. Chissa' se da lassu' il tenente Colombo mi vede sul cesso. Che figura.

Mi infilo nel letto e il cinico senzabidet mi fa: "Posso rimettermi a dormire, adesso?" Dormire? Con questo casino?? Ma chi sei, il comandante Kurtz? L'elicottero continua a girare in cerchio, facendo un rumore insopportabile. Chiudo gli occhi, stringo i denti, aspetto. I bambini, evidentemente geneticamente predisposti come il padre ai bombardamenti notturni, russano tranquilli. Sotto la coperta, faccio una veloce ricerca Internet sul cellulare e scopro che la polizia di Lancaster sta cercando un giovane alto un metro e novanta, peso 90 chili, che ha rapinato un negozio e ucciso il proprietario. Dove cavolo e' Lancaster? E' lontana da qui?? Non oso chiederlo a Gabriel, che sospira come se fosse il clic clic del mio iPhone il problema. Dopo 40 minuti, come Dio vuole, l'elicottero si allontana.

"Adesso ti calmerai," dice Gabriel. E io (che, sia chiaro, non ho fatto un fiato da un'ora): "Ma scusa eh. Se non hanno trovato nessuno, magari l'assassino e' nascosto nel nostro garage." "Dormi scema." E cosi' dicendo, si gira e si mette a russare. Sti americani, aho. Nervi d'acciaio.

Saturday, March 24, 2012

senzapiureligione


Ricevo nella posta un catalogo di merce per feste, tutto a due soldi e tutto rigorosamente Made in China. Arrivo alla pagina dedicata alla Pasqua e trovo i seguenti oggetti:
  • gomme da cancellare a forma di croce con luce e scritta fosforescente "He Lives!" (libera traduzione: "E' risorto!")
  • lecca-lecca a forma di croce, sempre con scritta "He Lives!"
  • cubo di Rubik con "He Lives!" scritto in varie font e con varie elaborazioni grafiche sulle diverse facce
  • palloni da spiaggia colorati, sempre della serie "He Lives!"
  • anelli di zucchero in colori pastello con croce decorativa (giuro)
  • bustine di "Prayer Candy," cioe' jelly beans (caramelline a forma di fagiolo) da usare, presumo, tipo rosario commestibile
  • "Testamints" (ri-giuro), serie di mentine incartate individualmente; ogni mentina, un verso biblico
  • mini-torcia portatile con la scritta "Jesus Is the Light" ("Gesu' e' la luce")
  • bustine di caramelle "Palm and Cross" ("Palma e croce," cosi' sistemiamo due domeniche in una volta sola)
  • sacco di juta per corse con la scritta "Leap for the Lord!" ("Salta per il Signore!")
  • mini-Smart a molla con il cofano crociato (averci pensato quando poteva tornare utile)
  • palle di gomma con luce intermittente e scritta "Jesus Lights the Way" ("Gesu' illumina la nostra strada," soprattutto se spegniamo la luce)
Ora, non voglio affatto dire che uno per festeggiare la Pasqua debba per forza fare il serioso, anzi. Ma la bambina in bianco e nero dentro di me si chiede con un piccolo gulp: che cosa ne pensera' dei lecca-lecca a croce, dall'Aldila', il terribile parroco dalla voce tonante Padre Elia, che ci inseguiva per la sagrestia minacciando di picchiarci con il cordone del saio se ci comportavamo male? E che ne dira' mai Suor Imelde, la monaca buona che all'asilo, come massimo della trasgressione, ci faceva incollare i bruscolini a cerchio, come tanti petali di fiore? E quanto si rivoltera' nella tomba la cattivissima Suor Flavia, che ci metteva mezzo secondo a rifilarti una sberla in faccia se osavi ribellarti ai suoi ordini?

Meglio nasconderlo, il catalogo cinese. Non sia mai lo vedono.

Saturday, March 17, 2012

senzapidocchi


(La versione di Gabriel)
Poi dice che i mariti si buttano nel lavoro. Be', almeno quelli con una moglie incontentabile e pignoletta come la mia. Sentite l'ultima ingiustizia della quale sono stato vittima.

Mercoledi' scorso, come fa del resto vari pomeriggi alla settimana, mia moglie se ne va a gozzovigliare all'universita' per una divertentissima lezione di farmacologia dalle 4 alle 9 di sera. Ora, mentre lei sta li' che fa la ola in classe con i suoi pennarellini e i suoi astuccetti coordinati, e probabilmente fa anche la scema con i ragazzi (vai a sapere con queste donne italiane senza morale oltretutto di una certa eta'), io, uomo eroico nerboruto e americano, mi occupo dei bambini. Converrete che solo per questo, mi meriterei un mezzobusto in marmo a Villa Borghese. Ma non basta. Perche' non solo io mi occupo dei bambini, ma lo faccio con una virile calma che mia moglie se la sogna.

Il fatto e' che mentre lei normalmente si perde in un bicchier d'acqua per ogni quisquilia, tipo la fissazione per i letti rifatti e i vestiti riposti negli armadi, io, che oltre ad avere un certo bicipite come sicuramente avrete saputo, sono anche uomo di cervello fino (ve l'ho detto che sono americano?), risolvo problemi veri, di peso, in quattro e quattr'otto, senza tutti i drammi che normalmente fa lei. E secondo voi ricevo gratitudine, abbracci, surplus di attenzioni sessuali? Macche'. Solo sopraccigli alzati, atteggiamenti di superiorita', pignolerie ridicole.

Dunque, dicevo, mercoledi' sera mia figlia mi dice di avere prurito alla testa. Con il mio occhio di falco, immediatamente controllo sotto la luce della camera da letto e vedo che in effetti, in mezzo ai capelli, ci sono varie scagliette bianche. AGH. Uova di pidocchio!! Bisogna passare subito all'azione! Non c'e' tempo da perdere, non c'e' tempo per riflettere e sicuramente non c'e' tempo per leggere le istruzioni sulla scatola dello shampoo! Con uno scatto felino, immediatamente spoglio i bambini e li piazzo in docce separate, poi, teletrasportandomi come il comandante Kirk da un bagno all'altro, lavo vigorosamente i capelli di entrambi (Ale non ha niente, ma e' invidioso pure dei pidocchi se li ha la sorella, e allora facciamo finta che li abbia pure lui).

Senza esitazioni e perdite di tempo, faccio un veloce scan alla Minority Report dell'armadietto dei medicinali, e in meno di un nanosecondo identifico e seleziono lo shampoo da usare, acquistato dal quella menagramo di mia moglie in anticipo perche' "non si sa mai:" la bottiglietta e' verde, nel nome c'e' la parola "lice" (pidocchi), non c'e' altro da scoprire. Ho trovato la mia arma. Per una volta ha fatto bene, la menagramo, penso soddisfatto mentre asciugo i bambini.

Mi sento un genio, ma a questo punto interviene quella saputella di mia figlia, che evidentemente ha preso tutto dalla madre. Mi fa, tutta saccente: "Guarda Daddy che qua c'e' scritto "lice shield," cioe' scudo anti-pidocchi. Hai usato lo shampoo per prevenire i pidocchi, non per eliminarli." "Ma no, ti sbagli," faccio io, ma gia' sento il panico che mi invade. "E allora - continua lei con tono e sorrisetto sardonico paurosamente laureschi - perche' qua c'e' scritto 'prodotto non efficace per eliminare pidocchi e uova di pidocchio?'" Argh. La mostriciattola ha ragione.

Allora scavo di nuovo nei cassetti e vedo che la menagramo italiana, che a quest'ora sta sicuramente sgranocchiando noccioline e facendo gli occhi dolci a qualche professore, non ha perso un colpo. Ecco il kit anti-pidocchi. Rispoglio la saccentella e la rilavo con lo shampoo giusto. Poi applico il gel doposhampoo, pettino i capelli, asciugo e via. Sono sudato come un cane e sento un sospetto prurito alla testa, ma e' tutto risolto. Non devo nemmeno lavare le lenzuola perche' proprio oggi e' venuta la domestica e sono gia' pulite, quindi mi va di lusso. In piu', noto con un senso di trionfo, sono soltanto le otto e mezza, 30 miseri minuti oltre il bedtime regolare. Metto a dormire i bambini puliti, lavati e spidocchiati, mando un'e-mail trionfante a mia moglie annunciando le mie gesta, e aspetto di ricevere i meritati allori.

Se li ho ricevuti, dite? Ma che ho ricevuto. Fatevelo dire da lei, il Mostro Italiano.

(La versione di Laura)
Alla quarta ora di lezione, per evitare di aggredire fisicamente il professore con personalita' di tipo A che ama sentire solo la propria voce e racconta sempre gli stessi aneddoti, decido di controllare l'e-mail sul telefonino. Vedo un messaggio di Gabriel, dal titolo: "Allarme pidocchi." Ecco fatto. Sento un brivido gelido lungo la schiena. Leggo con il cuore in gola il testo: "Stavolta c'e' toccata. Ma ho risolto tutto io. Piccolo errore di shampoo, poi corretto. Per favore, fermati in farmacia a comprare altro shampoo, perche' bisogna ripetere il trattamento. Ti sto preparando la cena." Uffa. Non si puo' aspettare domani per lo shampoo? No, dice lui, meglio prenderlo oggi. Che pizza, penso, e mi immagino poi che casino avra' combinato, e chi ha voglia di cena, ormai...

Sulla via di casa, mi fermo al CVS. Ora, dovete sapere che le farmacie americane sono in realta' dei giganteschi supermercati a 20 corsie, e anche alle 10 di sera c'e' un certo via vai. Decido di cercare il kit antipidocchi da sola perche' mi vergogno a chiedere, ma dopo mezz'ora ho trovato e inserito nel cestello soltanto un bellissimo rossetto color corallo di Maybelline, un pacchetto di patatine alla cipolla e una strana coperta con le maniche, cosi'decido di farmi coraggio. Mi avvicino quatta quatta a una commessa e sussurro: "Scusi, lo shampoo anti-pidocchi dove lo trovo?" E lei, declamando come Gassman quando fa l'Amleto: "LO SHAMPOO ANTI-PIDOCCHI? FILA 18, AVANTI A SINISTRA." Ovviamente, si girano tutti e io, nel panico, mi butto a pancia in giu' sulla moquette e poi avanzo verso la fila 18 in stile commando, come Rambo quando non deve farsi vedere dagli US Marshalls che lo cercano. Sono talmente imbarazzata che pago al self-service, abbandono rossetti e copertine sotto un espositore, e mi catapulto verso l'auto.

Li', leggo le istruzioni sull'orrendo kit e scopro che: 1) lo shampoo va tenuto sui capelli ASCIUTTI per dieci minuti prima di lavare. 2) il gel va rimosso ciocca a ciocca con un pettine speciale, osservando una procedura precisa la cui durata dev'essere, cito testualmente, di "circa 1-2 ore." Mi viene un tremendo sospetto. Vado a casa e interrogo immediatemente Gabriel, il quale mi accoglie sorridente e poi confuso mi confessa, sgonfiandosi gradualmente come un palloncino, di aver saltato la parte dei capelli asciutti, di aver pettinato per cinque minuti al massimo e di non aver assolutamente letto le istruzioni (sue parole testuali: "Quali istruzioni?"). So che si aspetta le mie lodi, ma il massimo che riesco a fare e' non sbraitare, "MA INSOMMA PER UNA VOLTA CHE FAI LE COSE TU DA SOLO SBAGLI TUTTO???". Adesso, comincio a dire con voce tremante e in preda a una specie di estasi da martire, mi tocchera' rilavare tutte le lenzuola, rifare la procedura anti-pidocchi, tenere la ragazzina a casa... Ma lui mi interrompe e assicura con fermezza: stai calma, ci penso io. Alzo un sopracciglio e penso, certo, certo. Non mi fido. Lo vedo triste e deluso come un bambino che ha fatto del suo meglio per una maestra che non e' mai contenta. Ma sono scocciata e non riesco a dire niente.

E allora te lo dico qua, oggi, pubblicamente: e' vero, Gabriel, che hai fatto le cose un po' alla sanfaso', hai sbagliato shampoo, hai lasciato vestiti sporchi in giro per casa e ti sei dimenticato di lavare le spazzole; ma e' anche vero che hai risolto tutto tu, con calma, senza drammi, mentre io mi occupavo di altro. Certo, non si puo' negare che io avrei fatto tutto piu' da precisina, pettinando i capelli di Sara a ciocche di dimensioni identiche al millimetro eliminando tutto fino all'ultimo uovo, e sicuramente avrei rimesso via le bottigliette e disinfettato anche il gatto, ma nel fare tutto cosi' bene avrei anche urlato come un'Erinni e terrorizzato l'intero quartiere, mandato i bambini nel panico, e poi chiamato in rapida successione il pediatra, il prete e il rabbino per benedizioni e rassicurazioni, mia madre per consigli e mia sorella per lamentarmi. Avrei fatto le cose secondo il manuale, certo, ma trasformando il tutto in un'operazione militare "Shock and Awe," con lancio di napalm, stracciamento di vesti e strage di civili.

Quindi te lo voglio proprio dire, amore mio, e te lo voglio dire davanti a tutti: sei stato proprio bravo, molto piu' bravo di me. Grazie.


Sunday, March 11, 2012

senzamare


Domenica al mare ideale per mio marito:
-Laboriosa preparazione al mattino di panini, bibite, pasta con verdure, spuntini, posate, tovaglioli e bottiglie riutilizzabili di acqua;
-Introduzione di cibi e vettovaglie nel refrigeratore da pic-nic;
-Ammasso disordinato di giocattoli da spiaggia, attrezzature sportive, asciugamani e creme solari in una busta blu dell'Ikea ed introduzione del tutto nel portabagagli;
-Applicazione di crema solare su bambini e introduzione degli stessi, gia' in piena crisi di lagna, in auto;
-Parcheggio su lato di strada e lunga passeggiata sotto il sole cocente fino alla riva di una spiaggia libera con annesso trasporto delle vettovaglie;
-Imprecisato numero di ore di bagni in mare, passeggiate sulla riva, sport con bambini, pranzo con sabbia, scottatura probabile;
-Possibile giro in bicicletta;
-Se scappa la pipi', poche storie, c'e' il mare. Il bagno piu' vicino e' a venti minuti di marcia;
-I costumi non si cambiano perche' quelli asciutti sono rimasti a casa nell'unica busta Ziploc preparata da mamma, ma si fanno asciugare al sole (in alternativa, ci si asciuga con il telo insabbiato, impanandosi come fettine alla milanese);
-Ritorno a casa verso il tramonto, distrutti ma (quasi tutti) felici;
-(il lunedi' mattina, mentre i senzabidet piccoli sono a scuola e il senzabidet grande al lavoro, la mamma lava gli asciugamani e i costumi, pulisce il refrigeratore, lava i giocattoli e ripone le attrezzature sportive, il tutto sbraitando da sola come Bossi da giovane);

Domenica al mare ideale per me:
-Preparazione la sera prima di elegante borsa di raffia con asciugamano coordinato, crema solare, iPod e costume di ricambio in bustina;
-Telefonata a baby-sitter per affidamento bambini;
-Al mattino, si indossa elegante costume due pezzi, rossetto e orecchini;
-Breve viaggio in macchina fino a snobbissimo parcheggio a mezzo metro dal mare;
-Pagamento di entrata in stabilimento cagone e odioso, ma ci si passa sopra perche' ci sono gli amici ed e' comodo;
-Sosta al bar per cappuccino e cornetto;
-Acquisto di Corriere della Sera;
-Affitto di ombrellone, lettino con visiera e sdraio possibilmente in prima fila;
-Se scappa la pipi' c'e' il bagno; se e' necessario cambiarsi il costume, c'e' la cabina; se non si ama l'acqua salata di mare, c'e' la piscina;
-All'ora di pranzo si va al bar dello stabilimento e, all'ombra, si prende un panino caprese con te' freddo, caffe' e gelatino;
-Nel corso della giornata, ci si alza pochissimo dal lettino, si chiacchiera al cellulare con gli amici che non si ha mai tempo di chiamare e si scambiano due parole di persona con quelli presenti;
-Si legge il giornale scuotendo la testa per via della situazione politica;
-Si fa finta di non notare l'antipatia del bagnante medio perche' tanto poi me ne torno a casa mia;
-Ci si abbronza anche la schiena;
-Verso le quattro, si prende un caffe' al bar e si torna verso casa, dove i bambini aspettano felici e tranquilli.
-Il marito prepara la cena.

Ed ecco perche' andiamo quasi sempre in montagna.


Thursday, March 8, 2012

senzababe


Oggi, in macchina con i miei figli.
Sara: "Mamma, mamma, guarda, quella ragazza ha in braccio un maiale."
Io, distratta: "Si', tesoro."
Ale: "No, mamma, veramente, UN MAIALE. Un maiale VIVO!"
"Hm-hm."
Sara e Ale, urlando in coro: "MAMMA, GIRATI!"
Mi sono girata. E a mezzogiorno e mezzo di un giovedi' qualunque, nel cuore di Hollywood, ho visto una ragazza dai capelli fuchsia che portava a spasso il suo maialino rosa.

Tuesday, March 6, 2012

senzapigiama


Sempre della serie, sei una chioccia italiana senza speranza: mia sorella (che tratto come se fosse mia figlia anche se ha solo quattro anni meno di me) mi fa sapere, dall'altra parte del mondo, che deve farsi ricoverare per accertamenti di gravidanza. La bambina cresce poco, mi riferisce, il medico e' preoccupato, lei pure non e' tranquilla, e così hanno deciso per l'entrata in ospedale. Ora: io che cosa le dico prima di qualunque altra cosa? "Mi raccomando, eh, non ti mettere una camicia da notte sdrucita, e portati le mutande nuove. Poi senno' le infermiere parlano." E manco scherzavo. Ah, povera me.

amore a prima vista


Esattamente 14 anni fa, il 6 marzo del 1998, sono entrata al Bar Doney di via Veneto a Roma e ho conosciuto un giornalista americano alto e biondo, più giovane di me, con gli occhi azzurri, il sorriso Durbans e l'umorismo deadpan degli ebrei newyorchesi. Praticamente, un esemplare creato da Dio espressamente per me. O forse creato dal diavolo, perché se sicuramente la pentola era piuttosto attraente, il coperchio non si trovava da nessuna parte. L'incontro non era infatti per un cappuccino da sorseggiare tra sguardi languidi, ma un colloquio di lavoro. Lui, l'americano, doveva farmi il terzo grado per decidere se assumermi nel suo giornale e non per capire se fosse il caso di procedere con una cena a lume di candela. Io dovevo dare il meglio di me perche' questa era la mia grande occasione per uscire dalla redazione di un piccolo quotidiano ed entrare, sia pur dalla porta di servizio, nel salotto buono del giornalismo.

Ovviamente, ed esclusivamente per via delle mie credenziali professionali (minigonna di pelle e stivali con tacco a spillo), l'americano mi offri' l'assunzione. Tutto contento, mi disse: "Allora, ti dimetti e tra un paio di settimane vieni a Milano."

"Mi dimetto? Due settimane? E il contratto, dov'e', scusa? Io senza contratto scritto non vengo da nessuna parte. E poi, guarda che io devo dare due mesi di preavviso, eh?"

"Un contratto?", fece lui, preso completamente alla sprovvista. "Non ti basta la mia parola?"

A Neno, sarai pure strafigo, ma chi te conosce?, pensai io, ma poi risposi appena piu' educata: "No, vorrei una garanzia scritta."

Al che, comincio' un negoziato da teatro dell'assurdo, con lui sempre piu' sconvolto all'idea che questa semi-sconosciuta ragazzotta italiana si mettesse a trattare con il rappresentante dello Zio Sam invece di baciargli i piedi; e con me, che non so' nata ieri, che insistevo per avere tutte le garanzie scritte in triplice copia con firma di notaio. Quando, ottenuto tutto quello che volevo, mi misi a discutere sul periodo di prova, sicuramente il mio nuovo capo penso' di chiamare la neuro.

Ma tant'e'. La spuntai e mi imbarcai per la Capitale Morale, come Toto' e Peppino quando cercano la malafemmina. Li', cominciarono due anni di inferno. Invece della storia bollente con l'americano strafigo che mi ero immaginata, mi ritrovai alle prese con un lavoro da 14 ore al giorno in un casermone di periferia, sotto il giogo di un newyorchese nevrotico e workaholic. Lui si presentava in ufficio alle nove di mattina con le occhiaie nere e lo sguardo da pazzo; io arrivavo a mezzogiorno, truccata, profumata e fresca di palestra. Lui non staccava gli occhi dal computer, io ciancicavo al telefono con le amiche e nei corridoi con le colleghe delle redazioni vicine. Io scalpitavo per andare a casa per cena; lui ci teneva al chiodo fino alle 11 di sera per paura di perdere la notizia dell'ultim'ora.

Ma in tutto questo, con tutte le sofferenze lavorative, la cosa piu' grave, quella che davvero mi disturbava, era che l'americano NON CI PROVAVA. Il gossip tra tutti i giornalisti di Milano era che fossimo fidanzati e invece lui, niente, nemmeno uno sguardo, un accenno, un sorriso. Gli faro' schifo, pensavo io, non c'e' altra spiegazione. In compenso, mi telefonava a mezzanotte, di sabato, di domenica, quando ero in vacanza, e io ogni volta rispondevo tutta eccitata, e lui voleva soltanto parlare di lavoro. Sto deficiente, riflettevo e, ormai alla disperazione, accorciavo le minigonne, sbiondivo i capelli, aumentavo l'abbronzatura. Niente. Sembravo una versione nana di Brigitte Nielsen e lui, stoico, mi consultava solo su titoli e catenacci. Un incubo. A un certo punto, decisa a togliermelo dalla testa anche perche' in ufficio era un rompiscatole senza confini, ho perfino cambiato numero di telefonino. Cosi', pensai, non ricevero' piu' quelle chiamate deludenti. E lui, supplicandomi di dargli quello nuovo, mi disse: "Ti giuro, ti chiamero' soltanto per ragioni di lavoro." Che Dio lo perdoni.

Il climax arrivo' in una bollente giornata di agosto (agosto a Milano e' mortale), in cui mi giravano a mille per il caldo, il fatto che tutti fossero in Sardegna e io invece li' alle prese con il nevrotico, e la fatica di ore e ore in redazione a scrivere. Il capo scelse proprio quel giorno per chiamarmi nel suo ufficio e dirmi, tutto severo, che non poteva andare avanti cosi', dovevo presentarmi al lavoro piu' presto, non a mezzogiorno, mezzogiorno non va bene. Io impazzii. Sembravo Salma Hayek in "Dal tramonto all'alba" quando si trasforma in mostro orrendo. Prima gli urlai: "Aaaaaaaah, 12 ore al giorno non ti bastanooooo?" Poi, mi scaraventai in corridoio sbraitando, "Venite fuori, dalle altre redazioni! Lo dovete sentire questo che mi ha detto! Vergognati! Vergognati!" Una pazza. Le porte di tutti gli uffici si riempirono di teste. Lui, dietro di me, mortificato e cereo, a bassa voce, tentava di calmarmi: "Laura. Ti prego. Abbassa la voce. Ti prego." Arrivata nel mio ufficio, ormai in pieno delirio, presi in mano un tagliacarte e (giuro, e' vero) gli urlai: "Ti dovrei pugnalare con questo, capitooooo?"

Non mi ricordo nemmeno come fini', ma da quel giorno il mio capo americano non oso' piu' sgridarmi.

Poi, come Dio volle, un altro giornale offri' un lavoro al bello senz'anima, portandoselo fino alla lontana Hong Kong. Pur dispiaciuta della ridotta tensione sessuale in ufficio, io tirai un sospiro di sollievo e e continuai la mia vita.

Ma, quasi due anni dopo, ecco Gabriel 2, la Vendetta. Era ormai la fine del 2001. Un giorno mi arriva un'e-mail da Hong Kong, in cui l'ex capo mi annuncia il suo imminente viaggio a Roma, e chiede ospitalita'. Ho pensato subito, e mo' che vuole, questo? Pero' poi ho riflettuto che si', scemo era scemo, ma figo pure e allora la carne e' debole eccetera e cosi' accettai. Lui si presento' carico di regali e con la proposta di un viaggio insieme, io e lui, a Barcellona. Disse che mi aveva sempre amato, che non riusciva a smettere di pensare a me, che ero la giornalista piu' bella e piu' brava che avesse mai conosciuto e quindi era tornato dal lontano Oriente per farmi la corte. (Si' anch'io rimasi cosi', come voi, a bocca aperta. Manco nei film). Nel giro di una settimana, gli presentavo i miei genitori e ci giuravamo eterno amore.

Si', ma dovevo ancora lavare l'onta.
Ho dovuto chiedere. "Scusa, eh, ma se mi amavi tanto, PERCHE' CAVOLO NON CI HAI MAI PROVATO?"
E lui, innocente, con gli occhioni grandi da Bambi: "Ma, tesoro, perche' ero il tuo capo."
"Embe'?"
"Be', it wouldn't have been appropriate. Non sarebbe stato corretto. Non si fa. Sarebbe stato sexual harassment, sai. Oltretutto poi potevi denunciarmi, e mi avrebbero licenziato e..." IN ITALIA? TI LICENZIAVANO PER AVERCI PROVATO CON UNA DONNA? MA TI PROMUOVEVANO!

Non risposi, ma per impedirgli di dire altre cretinate, lo baciai. Io t'avrei denunciato per non aver allungato le mani, pensa te, pensai tra me e me, ma non aggiunsi altro perche' avevo visto un lampo di moralismo nei suoi occhi che m'aveva fatto un po' tenerezza, un po' paura.

Il resto, un turbine. Pochi mesi dopo, l'americano torno' a Roma per 36 ore, si inginocchio' come nelle barzellette della Settimana Enigmistica, mi fece un discorsetto romantico bellissimo, tiro' fuori una scatoletta rossa, la fece aprire con uno scatto e, porgendomi un solitario di diamanti, mi disse: "Laura, will you marry me?"

Come dite? Che cosa e' successo poi? E mica sono scema, eh. Gli ho detto di si'.


Thursday, March 1, 2012

senzabeckham


"La notizia di sport del giorno - apprendo dalla radio locale mentre vado al lavoro in macchina - e' che la squadra di calcio degli Stati Uniti ha battuto la squadra dell'Italia." A parlare e' uno degli Sklar Brothers, due gemelli che fanno i commentatori sportivi alla Gene Gnocchi, cioè più per ridere che per informare. "Incredibile! -- fa la conduttrice Madeleine Brand, ed e' in effetti quello che sto pensando anch'io -- e' un po' come se la squadra di football americano italiana avesse battuto gli Stati Uniti." "Esatto," fanno i gemelli. E fin qui, ci posso anche stare, pur scocciatissima perché già penso a quando dovrò ammettere con quel senzabidet americano di mio marito che i suoi hanno battuto i miei. Poi pero' i tre alla radio cominciano una conversazione surreale e quasi quasi telefono in studio per raddrizzarli.

Madeleine chiede lumi su questo improvviso miglioramento della squadra americana, e uno dei commentatori spiega che ormai molti giocatori USA giocano "in Europa," in particolare nel Regno Unito che, "com'e' noto, ha il miglior campionato del mondo." Ah, si'? Davero davero?, penso io, dimostrando a me stessa con notevole vergogna che in fondo sono come tutti gli altri italiani, con la giugulare patriottica rigonfia non appena qualche straniero tira in ballo la nazionale e il calcio. "Certo," risponde l'altro commentatore, e poi snocciola vari nomi di giocatori americani attivi in Gran Bretagna. Eh, bravi, penso ancora io, in romano perché quando mi irrito penso in romano, andate a gioca' in Inghilterra, perché in Italia, DOVE C'E' IL VERO CAMPIONATO MIGLIORE DEL MONDO, chi ve se pija?

Al che Madeleine fa: "Quindi anche Beckham ha giocato contro l'Italia?" Sangue al cervello. Ma uno di prima mattina deve sentire 'ste cose? BECKHAM? Ma se lo so pure io, che di calcio capisco quanto mio marito capisce di scarpe Louboutin, che Beckham e' inglese. Invece di sbranarla, uno degli Sklar risponde diplomatico: "Queste sono squadre nazionali, sai. Beckham vive a Los Angeles, ma e' cittadino britannico." E Madeleine, continuando a cadere dal pero: "Oh, so it's not allowed? Non e' permesso farlo giocare nella squadra americana?" Eh, che dici te? SE E' INGLESE!

Poi, non contenta di avermi gia' fatto salire la pressione a mille, la conduttrice non demorde e decide di continuare a torturarmi, mentre io devo oltretutto fare attenzione alla guida perché a Los Angeles se cambi corsia generalmente ti linciano. Si chiede dunque se in America il calcio avra' mai un seguito di massa, dato che molti bambini e ragazzi lo praticano ormai da diversi anni. Gli Sklar dicono di si', che in effetti il pubblico di affezionati in America cresce, ma attenzione, avvertono: "Non sara' mai come il football, lo sport americano per eccellenza. Il Superbowl resta il Superbowl."

Proprio mentre io sto pensando, ma si', bravi, tenetevelo pure, 'sto strazio pazzesco del Superbowl e le sue torme di giganti con le spalle finte che per ragioni inspiegabili si lanciano in una serie orrenda di ammucchiate e poi tirano la palla a casaccio, Madeleine mi da' il colpo di grazia: "Il calcio in effetti non e' molto televisivo. Non e' certo come il football."

Eh no, infatti il calcio in TV non lo guarda nessuno. E' risaputo. Ah, Dio mio, Dio mio. Dammi la pazienza.