Monday, December 24, 2012

senzaskype

Chiamo casa a Roma per fare gli auguri di Natale.

"Ciao mamma, volevo fare gli auguri."

"Auguri, auguri!! Qua ci sono i soliti amici, Gabriella, Enrico, Enrica."

(Voci dal fondo) "Salutacela!!!" (Coro) "Auguri!!!"

"Hai sentito, Laure'?"

"Ho sentito, Ma'. Ricambia."

"Si', si'. Poi magari un giorno facciamo Skype con i bambini. Quando tua sorella me lo carica... Non ha mai tempo... E' sempre troppo impegnata..."

"Mammi', sono due anni che lo dici. Poi mi sa che gia' ce l'hai, Skype, sul computer. Accendi ora, che proviamo."

"CHE, ADESSO?!"

"Eh, adesso, perche'?"

"Noooo, ma qua e' quasi mezzanotte, io sono stanca morta..."

"Mamma, non ti ho detto di andare a spalare la neve, t'ho detto di accendere il computer. Si tratta di permere un tasto con il dito indice."

"Eh, lo so, ma poi devo andare in camera da letto ad accendere il modem, poi devo tornare di qua a vedere se funziona Internet..."

"Accendere il modem, mamma. Non e' come azionare il meccanismo di lancio dello Shuttle. Ce la poi fa'..."

"Eh certo, la fai facile te. Poi in camera da letto c'e' la pupa (Giulia, mia nipote, ndr) che dorme..."

"OK, non fa nie--"

(Mia madre, rivolta a mio padre) "Eh, che dici, Enniu', proviamo a fare Skype con i bambini?"

(flebile voce di mio padre, che normalmente a quest'ora dorme da tre ore, come proveniente dall'Oltretomba) "Che? Che famo...?"

"Skype, dico. SKYPE. COL COMPUTER. CON I BAMBINI IN AMERICA."

"Ah. Skype? In America? Adesso? Noooo..." (voce debolissima)

(Mia madre, con decisione fulminea, decide di prendere il toro per le corna) "Va be', Laure', aspetta."

(Segue lungo silenzio in cui presumo mia madre sia andata nell'altra ala del castello ad accendere il modem. Intanto Gabriel, qui a Los Angeles, apre Skype sul nostro computer. Aspettiamo, aspettiamo, intanto sento la conversazione attorno al tavolo natalizio, rumore di posate, risate.)

Torna mia madre. "Laure', ho acceso. Mo' non capisco se Internet e' connesso. Ma come lo trovo, Skype, con Finder?"

"Prova, mamma."

"Qua mi da' tutti file strani, ma niente Sky---"

Interviene mia sorella con voce irritata, parlando velocissima. "Ma forse non ce l'hai, Skype, no? L'hai caricato? Eh, l'hai caricato? Perche' qua non lo vedo, non lo vedo. Fammi provare. Ma l'hai caricato o no??"

"Ma che ne so, Laura dice che forse me l'ha caricato lei... Aspetta Sabi', stai calma, che mi sposto. Siediti tu."

(Voce sempre piu' innervosita di mia sorella): "Eh, si vede che non ce l'hai. Qua non c'e'. Non si trova. Poi io che ne so?! Io devo andare a casa, eh?! Sono stanca, ho la febbre, non mi sento bene. Vojo anda' a dormi'!"

"E vai, no?"

"MA DOBBIAMO APRIRE I REGALI, NO???"

"Ah, va be', adesso li apriamo."

"Ma Laura proprio adesso deve fa Skype?! IO SONO STANCA, VOGLIO ANDARE A DORMIRE!"

"Aho, ma chi t'ha detto cotica?! E VAI SE VOI ANNA'!"

"Eh no, stai qua al telefono co' Laura, a fa' Skype, a mezzanotte!"

A questo punto io, da casa mia in America, sto ridendo a crepapelle. Bisticciano come se non ci fossi -- o meglio, come se fossi li', seduta nel salotto di casa. Le vedo come se mi fossero davanti. Non riesco a smettere di ridere. Gabriel mi guarda interrogativo.

Mia madre, rivolta a me: "Guarda Laure', famme anda', che tu' sorella..."

"Tranquilla, mamma, auguri e baci a tutti." Clic.

Continuo a ridacchiare. Bello sapere che a casa e' tutto come sempre, esattamente l'ho lasciato. Buon Natale.


Saturday, December 8, 2012

senzatv



"Io e Sara guardiamo un vecchio episodio di "Casa Keaton" in TV. Improvvisamente, Sara comincia a strillare: "Mamma, mamma! Guarda quell'attrice! E' la bibliotecaria della mia scuola!"

"Ma che dici, amore. Sara' una che le somiglia."

"No, mamma, ti giuro, sono sicura, e' lei, e' lei."

Guardo meglio. In effetti, l'attrice sullo schermo potrebbe essere la versione giovane dell'anziana signora che gestisce i libri della scuola elementare dei miei figli. Alla fine dell'episodio, io e Sara controlliamo sui titoli di coda, ed eccola li', e' proprio lei, il primo nome corrisponde. Il cognome, pero', e' diverso, faccio notare, non ancora del tutto convinta.

"Mamma, sara' il nome da sposata."

Sara controlla su Wikipedia e scopriamo che, al solito, ha ragione lei, occhio di falco. L'enciclopedia online ci informa che negli anni Settanta e Ottanta la nostra compassata bibliotecaria ha recitato su tutte le serie che contano, da "Arnold" a "MASH" fino alla "Famiglia Bradford." Tutte i miei programmi preferiti da piccola. "Adesso fa la bibliotecaria in una scuola di Hollywood," si legge sul sito. Troppo fico. Quasi quasi le chiedo l'autografo, quando la vedo.

"Ecco perche' mi piace vivere qui," dico a Sara. "E poi dite che non vi porto mai da nessuna parte."

Friday, December 7, 2012

senzacolazione

Quand'ero piccola io, mia sorella e i miei cugini aspettavamo con impazienza l'8 dicembre, Festa dell'Immacolata, non perche' fossimo devoti della Madonna ma perche' ogni anno Nonna Concetta, per festeggiare il suo onomastico, ci portava tutti insieme a fare colazione da Giolitti. 

Per chi non e' di Roma, Giolitti e' un decrepito e snobbissimo locale a due passi dal Parlamento, dotato di una fredda sala con sedie foderate di velluto verde liso e tavoli di legno scrostati, dove ancora oggi i politici vanno per farsi osannare mentre ciancicano un arancino in piedi e i comuni mortali si fermano per il piacere masochistico di farsi trattare a pesci in faccia dai camerieri finto-sordi e dalla temutissima cassiera cicciona.

Per noi quattro nipoti, Giolitti era semplicemente il Paradiso. La colazione dell'Immacolata si svolgeva cosi': appuntamento sotto casa di nonna a un'ora antelucana, tipo le otto. Ispezione del nostro abbigliamento da parte della festeggiata, che si presentava sempre con un colbacco peloso stile Siberia e una gigantesca pelliccia di visone comprata anni prima in un negozio del centro che smerciava, sottoprezzo, abiti di ex-attrici andate in rovina. Per i miei cugini, belli e soprattutto maschi ("Nonna, perche' dici sempre 'auguri e figli maschi?' 'Perche' i maschi so' mejo delle femmine'), l'ispezione vestiaria andava generalmente alla grande: se anche si fossero presentati nudi, nonna avrebbe sorriso indulgente parlando di "look (pronuncia: lucche) particolare." Mia sorella, essendo comunque la piu' piccola, anche a 30 anni, se la cavava sempre perche' "porella, ancora non capisce... Poi nonna te compra un maglioncino un po' mejo, eh, ni'?" Per me, invece, non c'erano scuse. L'ispezione finiva generalmente male. Un anno, sara' stato il 1989, commisi l'errore di indossare un montgomery blu invece del montone pesantissimo che mi aveva regalato lei un paio d'anni prima. Apriti cielo. Nonna, incredula di fronte a tanta follia, si lamento' per ore. L'anno dopo ancora borbottava. E l'anno seguente pure, non si dava pace. Anzi, se fosse viva, sono sicura che parlerebbe tuttora della figuraccia che dovette fare quella volta da Giolitti a causa "de quer cappottaccio che s'e' messa mi' nipote." E aggiungerebbe: "Almeno per anda' da Giolitti te potevi vesti' bene, eh Laure'?"

Dopo la passata in rassegna, si saliva sull'autobus e si andava in centro. Dopo una breve camminata su via del Corso e attraverso piazza Colonna, si arrivava all'agognata mangiatoia. A questo punto, eravamo famelici e ipereccitati. Per evitare la rovina finanziaria, nonna ci nutriva a due riprese. Prima, ordinava un vassoio (pronuncia: gabare') di 10-12 paste e ce le somministrava in piedi, davanti al bancone, a secco. Poi, una volta placata la prima fame, ci permetteva l'accesso alla sala verde, dove passavamo venti minuti tentando di farci notare dal cameriere e poi ordinavamo cornetti e cioccolate calde. Per le 10, avevamo tutti e quattro un sorriso ebete e le bolle che ci uscivano dalle orecchie.

Mentre noi ci scofanavamo, nonna, che a casa era un'ottima forchetta, da Giolitti mangiava sempre pochissimo. Non ho mai capito se lo facesse per darsi un tono o per risparmiare (escludo che non avesse fame, perche' la conoscevo bene), ma di solito ordinava una spremuta d'arancia (pronuncia: aranciata) e un pasticcino o due. Peggio per lei, pensavamo noi masticando come maiali e raccontando barzellette cretine a voce alta.

Dopo la mangiata, c'era naturalmente la passeggiata di rito. Si andava dritti a Piazza di Spagna a vedere il presepe su Trinita' dei Monti. (Io ho sempre adorato quel presepe, finche' l'anno scorso ci ho portato i miei figli e invece di fare "oh" e "ah" come speravo io, i due mostri hanno guardato i miei meravigliosi pupazzi con occhi vitrei e poi mi hanno chiesto di comprare un giocattolo di plastica dal giornalaio). Tornando verso casa, ci si fermava in una pasticceria su Via Frattina, dove una certa signora Mariella che nonna conosceva da quando era giovane ci vendeva un altro gabare' mangereccio, zeppo di squisite bombette alla crema. Nonna giustificava l'acquisto dicendo che "dovemo porta' qualcosa pure a tu' madre e tu' padre, no?" E prima ancora di uscire dal negozio, ci dava una bombetta a testa da mangiare subito.

Nonna poi e' invecchiata, noi nipoti siamo cresciuti, ci siamo sposati, abbiamo cominciato a lavorare in giro per il mondo e a non aver tempo per l'Immacolata di nonna. Le colazioni non sono mai cessate, ma la lista degli invitati cambiava ogni anno. Abbiamo incluso, a varie riprese, fidanzati, mogli, mariti, figli, amici. L'ultima vera colazione dell'Immacolata l'abbiamo fatta cinque anni fa, con i miei figli, mio marito, mia sorella e mio cugino Stefano. Nonna gia' cominciava a perdere la memoria e non ce la faceva a camminare, allora abbiamo abbandonato Giolitti e siamo andati in macchina da Antonini a Piazza Mazzini. Quel giorno nonna era un po' assente, ma particolarmente presa da mio figlio, l'unico bisnipote maschio, al quale sicuramente avrebbe perdonato gli abbigliamenti piu' assurdi se un giorno avesse potuto portarlo, adolescente, da Giolitti.

Invece non ce l'ha fatta a vederlo crescere. Nel giro di pochi anni, l'Alzheimer le ha tolto l'identita', trasformandola in una vecchietta magra magra e un po' paranoica che non riconosceva piu' nemmeno i nipoti. Tre o quattro anni fa, quando ancora non aveva perso del tutto la consapevolezza, andai a trovarla durante un viaggio in Italia. Nonna non mi ha mai perdonato di essere andata a vivere in America con il marito "forestiero," anche se per lei Gabriel era l'uomo piu' bello del mondo ("alto e biondo, che voj de piu'?"). Quando mi vide, quella volta, mi riconobbe. 
"Laure', me sa che tu' padre se la fa con quella ragazza che lavora alla scuola americana... Na bella ragazza..." mi disse a voce bassa bassa.
"Nonna, quella e' mia madre. Sono sposati da quarant'anni."
Nonna, con gli occhi sgranati: "L'HA GIA' SPOSATA?!"
Poi, guardandomi fissa: "Ma tu stai ancora in America? Perche' non torni da nonna tua?"
Non ebbi il coraggio di dire che partivo il giorno dopo. "Sono tornata, nonna. Non me ne vado piu'."
Nonna non disse niente, vidi che gli occhi perdevano la messa a fuoco e gia' non mi capiva piu'. Pero' mi aveva preso la mano e la stringeva.

Nonna Concetta e' morta l'anno scorso, il giorno dopo aver compiuto 94 anni. Ma per me e' ancora li', nella mia testa, che si lamenta dei miei capelli troppo corti, del mio trucco troppo leggero, dei miei cappotti troppo a buon mercato. Mi faceva tanto arrabbiare, mi irritava come nessuno, ma oggi mi manca.

E allora, nonni', domani mattina facciamo cosi'. Io mi vesto malissimo, con un paio di leggings sformati che so che odieresti e "na majettaccia nera," poi per colazione mi faccio una cioccolata calda e mi sbafo un cornetto di Trader Joe's, e intanto faccio finta che ci sei anche tu, qui con me, in America. Buon onomastico.

Sunday, December 2, 2012

senzadirezione

La prima sera a Roma. E' il giorno di Thanksgiving. A casa, a Los Angeles, la mia famiglia e' alle prese con un gigantesco tacchino, crostate di zucca, mele e noci, e una vagonata di ospiti. Io invece qua sono libera come l'aria, anzi meglio: sono stata invitata a festeggiare il Ringraziamento con le amiche dell'universita', le quali essendo tutte laureate in letteratura americana o inglese, si divertono ogni anno a celebrare insieme (senza figli e mariti, ovvio) la festa d'Oltreoceano.

Mi chiama Barbara, il mio trait d'union con le ragazze (si', siamo tutte ragazze, va beneee?), per dirmi il luogo d'incontro. "L'appuntamento," mi annuncia, "e' in via del Pigneto."

"E che e'?" chiedo io, pensando che per fortuna qui non c'e' Gabriel, il quale se sentisse mi chiederebbe con quella sua aria odiosamente sardonica: "Ma non sei nata e cresciuta a Roma, tu?"

"E che ne so?" mi risponde Barbara, nata e cresciuta a Roma.

Attacco il telefono e chiedo lumi a mia madre. "Via del Pigneto? Mai sentita," fa lei (si': nata e cresciuta a Roma), poi mi porge un Tuttocitta'. Mentre io e mamma sfogliamo lo stradario febbrilmente e scopriamo che via del Pigneto non soltanto esiste, ma non e' nemmeno tanto lontana, Barbara richiama.

"Tranquilla, ho capito tutto!" mi dice, esultante. "E' facilissimo. Prendi la Tangenziale a San Giovanni, poi esci sulla Prenestina, poi vai verso la Casilina e praticamente sei arrivata. Chiaro, no?"

"Non ho capito niente."

"Va be', usa il Tom Tom. Ciao." Clic.

Ah, il GPS. Mi sembra un'ottima idea. Cosi', chiedo il navigatore a mia sorella e scopro con un fremito di gioia che non e' nemmeno un Tom Tom, ma un modello della stessa marca del mio fedele compagno di viaggio a Los Angeles, l'inseparabile Garmin senza il quale non potrei piu' vivere. Rispetto al mio, pero', vedo subito che questo Garmin e' un po' bizzarro. Intanto, mi chiede, in italiano, di impostare la nazione. Ma che domande fa? "Italia," scrivo perplessa, e mi accorgo subito che la tastiera non e' come quella dei computer, ma semplicemente un alfabeto in ordine, come sei in Italia non esistessero PC e macchine da scrivere. E va be'. Un po' confusa, continuo. "Citta'?" Questa la so. "Roma." Poi inserisco la via, e parto.

Garmin Roma, che ha una suadente voce femminile, comincia subito a farmi scherzetti strani. Sul Lungotevere, mi ammonisce: "Mantenersi -- sulla -- sinistra." Sulla sinistra? Ma io sono tutta a destra! Oddio, adesso come faccio? Qua ci sono dieci miliardi di macchine con guidatori inferociti. Con la certezza che Garmin non sbaglia mai, sfido la folla e mi butto a sinistra, tra strombazzate e stridio di freni. Ce l'ho fatta! Ma all'improvviso, Garmin mi gela, sillabando: "Svoltare -- a -- destra." A destra?? Ma se mi sono appena lanciata dall'altra parte, oltretutto con chiaro sprezzo del pericolo. Ovviamente non ce la faccio a girare a destra, e subito Garmin si stressa. "Ricalcolo," fa con tono annoiato. "Va be'," le dico ad alta voce, "e che sara' mai. Su, ricalcola. Mica morirai." Pero', a differenza di Garmin Los Angeles, un impersonale signore che ricalcola tutto in quattro e quattr'otto e serenamente ti fa svoltare sulla prossima via a ventisette corsie in un mondo tutto a quadretti, Garmin Roma ha da gestire vicoli e vicoletti, e fa la preziosa. Quando finalmente ha ricalcolato, io sono al centro del Lungotevere, in mezzo a un mare di lamiera e in direzione opposta a quella desiderata.

Com'e' come non e', io e Garmin, dopo varie svolte ed errori, riusciamo a rimetterci in carreggiata. A questo punto, ho cominciato a sgamare i suoi metodi. Ho capito le seguenti cose: primo, mai crederle quando ti dice di mantenerti a destra o a sinistra; secondo, e' importante allargare lo zoom della mappa cosi' sai in anticipo dove ti sta portando, perche' Garmin non ti dice mai il nome della via in cui devi svoltare; e terzo, leggere le parole sullo schermo in alto e' inutile e anzi dannoso, perche' Garmin non capisce una mazza di nomi ma vuole fare la figa cosi' se sei, per dire, sul Ponte Sublicio, lei scrivera' scemenze del tipo "Sud-Est sulla Sublicio."

Una volta arrivate al ristorante, io e Garmin abbiamo sfidato la morte tentando di imboccare via della Greca in direzione vietata e rischiato il linciaggio tentando di entrare su via del Pigneto, che e' zona pedonale. Siamo stremate, ma fiere del nostro successo. Io mi sento un genio, perche' sono riuscita a interpretare le arcane indicazioni della Sibilla Navigatrice, e lei, ne sono certa, e' orgogliosa di me.

A questo punto mi rendo conto che il mio Garmin californiano, cosi' chiaro e preciso, senza equivoci, in Italia non potrebbe funzionare. Nel Paese in cui i giornalisti scrivono per enigmi; gli automobilisti preferiscono le marce al cambio automatico; i mariti tradiscono le mogli e le mogli tradiscono i mariti; e il presidente del Consiglio fa finta di voler spacciare la sua squillo per la nipote di un presidente straniero, un GPS diretto e semplice, senza misteri, farebbe ridere i polli. Noi vogliamo faticare, risolvere, leggere tra le righe. Senno', scusate, ma che gusto c'e'?